I Giani

di Cerano d'Intelvi

La famiglia Giani di Cerano d'Intelvi

Giuseppe Giani

La famiglia Giani, originaria di Cerano d'Intelvi, ha dato i natali a molti artisti: scultori e pittori, ma anche imprenditori edili e costruttori. Molti sono coloro che attendono di essere valorizzati, ma non Giuseppe il più noto dei Giani. Nato a Cerano d'Intelvi il 17 settembre 1829, da Tommaso e da Giovanna, originaria di Dizzasco, a dodici anni raggiunge Milano per divenire apprendista muratore frequentando anche i corsi serali delle Scuole degli artefici di Brera.

E ora la storia si fa intricata perché in un'epoca in cui intere famiglie emigravano alla ricerca di migliori condizioni di vita, entrano in gioco i legami, quelli di sangue, tipici dei nostri Magistri. Pietro Giani, figlio di Francesco, un imprenditore le cui pietre, a Torino, hanno costruito il ponte Vittorio Emanuele I sul Po voluto da Napoleone Bonaparte, nel suo memoriale scritto durante il soggiorno luganese del 1868 annota: "Nacqui a Torino, alli 22 agosto 1806. Mio padre, per nome Francesco, era di Cerano in Valle Intelvi, mia madre di Mandello, presso Lecco, della famiglia Agliati". Durante un soggiorno nel paese d'origine del padre, Pietro conobbe Giuseppe, povero in averi, ma non di talento pittorico e decise di portarlo con sé a Torino per avviarlo agli studi presso l'Accademia Albertina, in modo che la sua arte potesse sbocciare. Presentandolo alla moglie disse semplicemente: "Eccoti il tuo settimo figlio…". (1) E qui si distinse vincendo premi di pittura e ottenendo importanti pensioni.

"Nel 1852 fu mandato a Roma, dove si fermò due anni e legò amicizia intrinsichissima con Enrico Gamba. Un terzo anno lo passò a Firenze. Di ritorno da quella città si recò a Como dove per alcun tempo si rese stimato, dando prove del profitto ricavato dagli studi di perfezionamento di Roma e Firenze. Ma un voto del cuore lo chiamava presto a Torino, dove prese dimora, e vi sposò la figlia del suo protettore, la gentile compagna della giovinezza, quella che aveva confortato i suoi primi sogni d'artista, e che poi lo aiutò a sostenere con fede e dignità tutte le traversie e i dolori della difficile vita dell'arte. Nel 1860, prima del suo felicissimo matrimonio, la sua bella operosità, il suo contegno ebbero un altro compenso; venne nominato professore di pittura all'Accademia, al posto di aggiunto del professore Gaetano Ferri." (2a)

Ed è Pietro che ci racconta come mise al corrente la figlia: "…chiamai la madre e la figlia a cui dissi: Peppina tu sei sui ventunanni, bisogna pensare a stabilirsi. Ho una proposizione da farti, da un giovane di trentunanni e professore; mi procurai informazioni e sono buone". Felicissimo di aver lasciato Giuseppina sulla graticola, poco dopo si pentì e riflettendo si disse: "A che farla penare, e penare io stesso?". Ed è cosí che disse: "Tu rifiuti un professore? E se questi fosse il Peppino che ricevette tale nomina?". La madre che fino ad allora era rimasta ammutolita e la figlia paralizzate dallo sconforto scoppiarono in una ridente felicità tale che la figlia lo abbracciò dicendogli: "Papà, non ho mai dubitato che ella non volesse farmi felice; ora lo sono. […]" (1)

Convolarono a nozze quindici giorni dopo e dall'unione nacque, sei anni dopo, Giovanni, che divenne anch'egli pittore.

"Appunto perché eccelse nel ritratto, egli portò nell'arte storica la intimità del sentimento, che guida a una buona interpretazione della fisionomia plastica e morale della persona ritratta. L'episodio della Rivoluzione Francese, Tintoretto, Io l'avrò sempre in cor, povera morta ed altri, sono quadri eminentemente fisionomici, in ordine alla passione, al carattere e all'individualità plastica dei soggetti che rappresentano. Sono fisionomici e perciò potentemente espressivi…" (2a)

Ricordiamo inoltre il Ritratto di Cavour oltre a quello di Edmondo De Amicis, "espressivo e rassomigliantissimo" presentato all'Esposizione di Torino del 1880 insieme con un Ritratto di vecchia. Fanno parte, invece, delle collezioni della Galleria civica d'arte moderna e contemporanea di Torino due ovali con le effigi di Vittorio Amedeo II (1873) e di Maria Cristina di Francia, duchessa di Savoia. Presso il Municipio di Torino si trovano, inoltre, i ritratti di Vittorio Emanuele II e di Umberto I

OPERE DI GIUSEPPE GIANI IN VALLE INTELVI: chiesa di Sant'Abbondio a Blessagno, nel vano a destra del presbiterio si trova una pregevole Vergine col Bambino e San Luigi Gonzaga. Nel Museo d'Arte Sacra di Scaria (Alta Valle Intelvi) è conservato un Autoritratto giovanile dell'autore.

Vergine col Bambino e San Luigi Gonzaga. Chiesa di Sant'Abbondio a Blessagno
Vergine col Bambino e San Luigi Gonzaga. Chiesa di Sant'Abbondio a Blessagno
Giuseppe Giani, autoritratto. Per gentile concessione del Museo d'Arte Sacra di Scaria
Giuseppe Giani, autoritratto. Per gentile concessione del Museo d'Arte Sacra di Scaria

(1) Tratto da "Pietro Giani, Memoriale, Lugano 1868. Archivio di Stato di Torino, Sezioni Riunite, Archivi privati".

"Bollettino della società storica pinerolese" Pubblicato con il concorso della Fondazione CRT e la collaborazione dell'Università della Terza Età UPinerolo-terza serie, Anno XXVIII, Pinerolo 2011. Sezione III: Aspetti e figure del Risorgimento laico. Pier Giuseppe Menietti - Domenico Rosselli

(2) "Pittura e scultura in Piemonte 1842-1891 Catalogo cronografico illustrato della esposizione retrospettiva 1892" 2a: pag.206-211; 2b: pag.220

Vincenzo Giani

Vincenzo Giani è nato a Cerano d'Intelvi il 4 ottobre 1831 e ha studiato all'Accademia Albertina di Torino formandosi alla scuola dello scultore Vincenzo Vela. Nel 1862 ha eseguito il monumento a Gian Battista Perasso detto "il Balilla", il fanciullo ritenuto l'iniziatore della rivolta popolare scoppiata a Genova nel 1746 contro gli occupanti austriaci, eseguita con evidente richiamo alla situazione internazionale in età risorgimentale. La statua venne fusa a Torino con il bronzo dei cannoni presi agli Austriaci nelle battaglie del 1859. Il 25 aprile 1863 fu consegnata al Comune di Genova e collocata nell'atrio di Palazzo Tursi, dove fu inaugurata il 7 giugno; nel settembre successivo fu trasferita in piazza Portoria.

Nel 1881, in occasione del centenario della morte del Balilla, il basamento fu ampliato e protetto da una cancellata (inaugurazione: 2 ottobre 1881). Rimossa e collocata in deposito a Palazzo Ducale durante il secondo conflitto mondiale, la statua fu riposizionata sul basamento in Portoria il 26 aprile 1945, come attestato da lettera di Orlando Grosso, allora direttore dell'Ufficio Belle Arti del Comune al Sindaco di Genova Vannuccio Faralli.

Cosí è scritto in "E fu in quella Esposizione che la Società acquisì nuove benemerenze con l'arte, aprendo una sottoscrizione per far eseguire in marmo le statue che vi esponevano Giuseppe Cassano e Vincenzo Giani, allievi di Vela. La sottoscrizione fu interrotta quando , assecondando il pensiero che n'ebbe re Vittorio Emanuele, visitando l'Esposizione, fu dal Parlamento, per proposta del generale Lamarmora, ministro della guerra, autorizzata la spesa necessaria alla fusione in bronzo del Pietro Micca del Cassano , e del Balilla di Giani. Seguendo la coraggiosa tradizione del 1848 e 1849, anche nel 1859 l'Esposizione ebbe luogo, mentre la guerra dell'indipendenza infuriava nei campi lombardi." (2b)

Nel 1888 egli fece riedificare a sue spese il campanile della chiesa medievale di San Zeno, centro di devozione delle valli intelvesi e ticinesi. Negli ultimi anni si dedicò alla costruzione, nel cimitero di Cerano d'Intelvi, della cappella di famiglia, realizzata in stile eclettico di notevole eleganza: all'interno vi si trovano lapidi sepolcrali con effigi in bronzo dei suoi congiunti. I medaglioni-ritratto in marmo affissi all'esterno sono invece opera del cugino Luigi Giani (nato a Cerano Intelvi nel 1858 e morto nel 1938).

Sue opere sono "la statua della Giustizia, che decora la facciata del Palazzo Carignano a Torino, e nel 1877 espose a Napoli La prima lettera e un busto di Massimo d'Azeglio; a Torino nel 1880 aveva altri tre busti in marmo Camillo Cavour, Massimo d'Azeglio e Galileo Galilei; una bella statua in marmo: Un buon libro; a Milano, nel 1881, i lavori Paterno ricordo, Caio Mario Coriolano ed altri; a Roma, nel 1883, Giuseppe Garibaldi." (1) Tornato a Como "ove lavora instancabilmente; nel cimitero di quella città si ammirano due sue statue: La Fede sul monumento Barberini, e la Pietà filiale in quello Comanedi." (1)

Vincenzo è morto a Cerano d'Intelvi il 16 aprile 1906.

(1) Angelo De Gubernatis "Dizionario degli Artisti Italiani viventi, pittori, scultori, architetti - FIRENZE.
COI TIPI DEI SUCCESSORI LE MONNIER 1889" pag.225-226

Opere di Giuseppe Giani e del figlio Giovan Battista si trovano nella chiesa dei Santi Pietro e Paolo a Dizzasco. Del 1872 sono gli stucchi che decorano la pala d'altare che presenta ai lati le statue di san Rocco a sinistra e un santo, probabilmente martire durante l'impero romano, a destra.

Giovan Battista Giani

Della famiglia Giani è doveroso ricordare la figura di Giovan Battista che ha rimodellato il volto storico-artistico dell'Abruzzo nei primi decenni del Settecento, diffondendo e rielaborando il linguaggio scultoreo e decorativo tardo-barocco e dove è conosciuto con il nome di Giovan Battista Gianni.

Nato a Cerano d'Intelvi intorno alla metà del Seicento, non si conoscono il luogo e la data di morte.

Sin dal 1685 lo troviamo al lavoro nel rinnovamento della chiesa di Santa Chiara a Gagliano Aterno. Sempre nello stesso anno è presente a Pescocostanzo, nella collegiata di Santa Maria del Colle dove, con Francesco Ferradini II di Casasco, eseguì l'altare di sant'Antonio, gli altari e gli stucchi della cappella del Santissimo Sacramento e infine il progetto e, forse, l'esecuzione, degli stucchi dell'abside.

Intorno agli anni 1695-97, a Chieti, prestò la sua opera in numerosi edifici. In qualità di architetto progettò ed eseguì il corpo di fabbrica del collegio delle suore pie e, come decoratore, gli stucchi della chiesa annessa..

Nella cattedrale disegnò un paliotto poi eseguito in marmi, mentre nella chiesa di San Gaetano realizzò l'altare maggiore e, probabilmente, anche i due altari laterali. Instancabile realizzò decorazioni anche nell'oratorio del Sacro Monte dei Morti e nella cappella dedicata a sant'Antonio da Padova nella chiesa di San Francesco di Paola.

Nel 1701 si spostò a Penne dove ideò e mise in opera, insieme con i suoi collaboratori, l'intera decorazione plastica della chiesa di San Giovanni Evangelista, la decorazione della ricostruita chiesa di Santa Chiara (Battistella) e la ristrutturazione architettonica dell'interno della chiesa di San Domenico, successivamente realizzato tra il 1722 e il 1730 dal suo collaboratore: il ticinese Domenico Poma. Al completamento, la decorazione in stucco venne affidata a Girolamo Rizza di Veglio. Quest'ultimo artista, in realtà poco noto nel nostro territorio, pianificò il rinnovamento della chiesa di Sant'Antonio da Padova a Giulianova, dove, con le sue maestranze, realizzò un sorprendente trionfo del tardo-barocco con sculture e rilievi in stucco. Inoltre, a Chieti, ristrutturò, negli anni 1718-1747 sul modello gesuitico adottato nelle chiese francescane di Atri, Piscina, Celano e Città Sant'Angelo e nella chiesa di San Marco a L'Aquila, la chiesa di Sant'Agostino. Della sua mano sono gli stucchi dell'altare del Santissimo Nome di Gesù e, per affinità stilistiche, anche dell'altare Gaudiosi nella chiesa di San Domenico a Penne.

Un altro centro dove il Giani intervenne in modo consistente fu nelle chiese di San Francesco, Santa Reparata, Santa Chiara (presenza solo ipotizzata), e, forse, San Domenico (presenza ipotizzata sulla base di un'analisi stilistica del Battistella) ad Atri.

Numerosi sono gli interventi a lui attribuiti sulla base di indagini stilistiche, tra cui quelli nella chiesa della Santa Annunziata a Sulmona, nella parrocchiale di San Michele Arcangelo a Città Sant'Angelo, e, a Ortona, nella ristrutturazione e decorazione della cattedrale e nella chiesa di Santa Caterina.